Africa Tomorrow
Si chiama «Africa Tomorrow», è un’associazione onlus con sede in via Santa Maria a Rovereto. Presidente è il chirurgo Mauro Previdi che ha fondato il gruppo (che conta 15 volontari) assieme all’ex assessore comunale Renato Manzana.
L’associazione è nata nel 2003 ed ha come finalità il favorire esperienze e processi di integrazione didattica nei Paesi in via di sviluppo con particolare riguardo al settore dell’istruzione, della medicina, del perfezionamento professionale e nelle fornitura di beni e servizi alle comunità locali.
Alcuni soci, medici specialisti, operano da anni come volontari in Ghana durante le ferie prestando la loro opera presso l’ospedale del Comboni Centre. Molti interventi sono stati resi possibili dai contributi ricevuti dalla Cassa rurale di Isera, dal Comitato comprensoriale delle Casse rurali della Vallagarina e dalla Provincia.
Tra le iniziative avviate ci sono ospedali nel Nord Africa, ambulatoridentistici e oculistici, formazione meccanica, agricoltura, emancipazione delle donne.
Chiunque può contribuire alla riuscita dei progetti avviati versando il proprio contributo sul conto corrente 128239 della Cassa rurale di Rovereto in via Manzoni intestato a «Africa Tomorrow onlus» (codice Iban IT85 S082 10208000000 00128239).
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Rovereto, 11 gennaio 2009
Mauro Previdi: il chirurgo dei diseredati
Medico al Santa Maria del Carmine, spende tutte le sue ferie come volontario in Africa,
dividendosi tra Ghana e Burkina Faso per regalare una speranza di vita a chi non ne ha mai avuta
da l’Adige di domenica 11 gennaio 2009
Chirurgo affermato, politico per passione con un passato in giunta comunale e alla presidenza dell’Amr e un sogno nato negli anni in cui era ancora possibile immaginare un mondo diverso. Mauro Previdi, medico all’ospedale Santa Maria del Carmine, da anni si gioca le ferie proprio per coltivare quel sogno figlio del ’68: prestare la propria opera tra i diseredati dell’Africa nera.
«Mi sono diplomato in ragioneria ma poi mi sono imbattuto in un medico che mi ha cambiato la vita, il dottor Albert Schweitzer. Mi sono innamorato di questa persona (premio Nobel per la pace nel 1952, ndr) che mi ha guidato nella ricerca delle motivazioni e mi ha spinto a fare un certo tipo di scelta».
Quel missionario senza telara, che ha voluto regalare la sua vita agli ultimi da curare, è stato la luce che si è accesa in fondo al tunnel. E il dottor Previdi, da quasi dieci anni, ogni giorno di ferie lo spende tra la gente che soffre, nelle missioni cattoliche ma pure in quelle laiche. Se ne va tra le mangrovie, ad assaporare i sorrisi di generosi ma sofferenti visi colorati, donne, bambini e uomini che non hanno futuro e spesso nemmeno presente.
Una scelta impegnativa ma convinta e, soprattutto, serena. Ma, come detto, è un sogno che si realizza.
«Dopo ragioneria e l’incontro con Schweitzer, nel 1968, ho deciso di iscrivermi a medicina perché volevo fare qualcosa per chi soffre».
Alla soglia dei 60 anni, Mauro Previdi ha ancora l’energia, la voglia e la passione per continuare ad operare in quella parte di mondo che potrebbe avere tutto ma che non ha niente.
Ma cosa si porta a casa da questi viaggi di lavoro?
«Tutto. Sono esperienze che danno una notevole gratificazione professionale ma soprattutto personale. È un modo diverso di esercitare il mio mestiere, con poveri mezzi ma sufficienti per fare cose importanti. Quello che più mi colpisce è vedere l’accettazione della malattia, del dolore, della morte che è fisiologica perché fa parte del percorso della vita di ognuno. Noi che abbiamo tutto, invece, vogliamo comperare la salute e la vita ma questo non è possibile. In questo tipo di esperienze, comunque, è molto più quello che si riceve rispetto a quello che si dà: lezioni di vita che arrivano da persone semplici».
Per Mauro Previdi parlare del suo modo di fare volontariato è difficile; preferisce aiutare nel silenzio, senza pubblicità, come chi custodisce gelosamente un segreto.
Perché?
«Perché io sono uno dei tanti. All’ospedale di Rovereto ci sono molti colleghi che fanno cose simili e lo fanno in silenzio, che è il modo migliore».
Però far conoscere agli altri quanto sta accadendo fuori dai nostri confini, però, è importante. Soprattutto perché Previdi, assieme a Renato Manzana, ha costituito un’associazione onlus, «Africa Tomorrow», che da cinque anni porta avanti progetti di rivincita per i disperati del Ghana, del Burkina Faso, del Togo, della Sierra Leone, dell’Eritrea.
«Purtroppo ci sarebbero tanti altri medici e infermieri che vorrebbero contribuire concretamente a questi progetti ma non tutti possono impiegare le ferie. Il consiglio provinciale, in passato, ha approvato una proposta di legge dell’allora assessore Iva Berasi sulla possibilità di prendere aspettativa per poter partecipare ad azioni di volontariato nel Terzo Mondo. Il governo Berlusconi, però, ha bloccato tutto. Lancio un appello ai nuovi consiglieri di piazza Dante perché alzino la voce e impongano quella legge, visto che da noi la sanità è provinciale».
Ma è davvero così diffuso lo spirito di solidarietà in Trentino? «Siamo la provincia in assoluto più prolifica. Abbiamo capito prima di altri che non si può vivere senza accorgersi che esistono altre persone con dei bisogni superiori ai nostri. Ci siamo resi conto in tanti che basta un po’ di volontà per dedicare una parte del nostro tempo per dare una mano a risolvere questi problemi».
La Provincia sta dando un grosso aiuto ad «Africa Tomorrow», specie nell’ultimo progetto avviato, «La casa delle donne» in Burkina Faso.
«Riteniamo che le donne siano coloro che potranno salvare l’Africa perché in questo modello culturale tutto è sulle loro spalle, dalla famiglia ai figli fino al lavoro. Vogliamo mettere le donne in condizione proprio di lavorare meglio i prodotti della terra e produrre di più. Se migliora il reddito, migliora l’economia e quindi il livello della società».
Gli anziani del villaggio hanno contribuito all’intervento regalando sei ettari di terreno. Qui verrà realizzata una scuola ma pure la mensa.
«È importante la mensa perché ci sono ragazzi che devono farsi venti chilometri a piedi per tornare a casa a mangiare e il pomeriggio non tornano a scuola».
Non solo chirurgia, quindi?
Questo è l’aspetto di cui mi occupo prevalentemente ma ci sono anche altri tipi di aiuto. Nel campo medico, comunque, ci occupiamo anche della formazione dei dottori del posto, sia dal punto di vista professionale che motivazionale. Chi studia, in Africa, vorrebbe guadagnare e quindi andarsene. Noi vogliamo far capire ai giovani medici che sarebbe meglio impegnarsi per la loro gente».
La difficoltà maggiore, tra l’altro, è la corruzione della classe politica dirigente che, spesso e volentieri, pretende tangenti per consentire a dei volontari di avviare delle iniziative di aiuto alla popolazione.
«Non scendiamo mai a patti. Chi ci consegna denaro per i progetti sa che non lo spendiamo per alimentare la corruzione. Non l’abbiamo mai fatto e mai lo faremo».
L’associazione è aperta a tutti?
«Certo, cerchiamo persone di buona volontà che possano darci una mano per acquisire attrezzature e installarle. Quello che facciamo è una goccia nel mare ma tante gocce assieme fanno almeno un lago. Solo per il fatto che è una goccia d’acqua non deve andare dispersa».
Perché c’è questa esigenza di spendersi per gli altri?
«Perché noi del mondo occidentale stiamo implodendo con i nostri valori vuoti dove contano solo l’avere e l’essere, siamo troppo egoisti».
«È un sogno che mi è stato regalato conoscendo Albert Schweitzer e che mi accompagna dal 1968, da quando ho deciso di iscrivermi a medicina.
Siamo una goccia in mezzo al mare, ma l’acqua, anche solo una goccia, non deve mai essere sprecata» |